
Dieci anni fa, il sistema delle Camere di commercio è stato investito da una profonda riforma, varata dall’allora ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia.
Le linee guida erano nette: dopo il dimezzamento del diritto annuale (risorsa primaria per le Camere) introdotto nel 2014, la norma del 2015 ha stabilito la severa riduzione delle sedi e delle aziende speciali, la riorganizzazione degli organi di gestione con una riduzione dei componenti, una rivisitazione dei compiti e delle funzioni. Una “dieta” particolarmente severa, a taluni parsa indigesta e che ha prodotto un cammino non privo di inciampi.
All’interno del sistema camerale i timori che questo percorso potesse portare all’irrilevanza delle Camere di commercio nel panorama delle pubbliche amministrazioni erano elevati, giustificati anche da un indirizzo generale che spingeva verso la disintermediazione e il depotenziamento dei corpi intermedi. Oltretutto le cose da fare erano molte e complesse e complessi erano anche i cambiamenti da affrontare.
Le Camere dovevano passare da 105 a 60, con accorpamenti di strutture dettati dal numero minimo di imprese iscritte (75mila).
Doveva essere drasticamente ridotto il numero delle aziende speciali, bracci operativi delle camere nei territori, portandole da 117 a 60.
La legge Madia, inoltre, tagliava alcune funzioni “storiche”, come quella riguardante l’internazionalizzazione delle imprese, ed altre venivano delimitate e circoscritte.
Alla fine di questo percorso, però, il sistema camerale non solo ha portato a termine la riforma, ma è riuscito anche a rigenerarsi, divenendo più forte, meglio strutturato, più efficiente ed efficace nella propria azione di sostegno alle imprese.
Oggi le Camere registrano una maggiore presenza femminile negli organi di vertice (nei Consigli intorno al 30%). Nel personale, che si è ridotto di numero, è cresciuto il numero dei laureati, ora superiore al 52% del totale dei dipendenti camerali, soprattutto nelle funzioni che riguardano la promozione.
Sono state concentrate le partecipazioni in altre società, effettuando al contempo una maggiore focalizzazione in quelle che operano per la diffusione dell’innovazione tecnologica e lo sviluppo locale. Ambiti di intervento, peraltro, prioritari per gli interventi economici delle Camere, insieme a quelli a favore del turismo e della cultura.
E siccome il mondo sta cambiando, le Camere stanno cambiando anche al proprio interno. Infatti, sono in corso diverse iniziative dirette ad introdurre strumenti di intelligenza artificiale nella gestione del Registro delle imprese, anche in un’ottica di semplificazione degli adempimenti che interessano le aziende, nella realizzazione di piattaforme per il turismo, nella interlocuzione con gli utenti e le imprese, nelle analisi economiche.
In realtà, subito dopo l’approvazione della norma e, soprattutto, del suo decreto attuativo, qualcosa era cambiato nella considerazione dei referenti istituzionali.
Ci si era resi conto che il ruolo storico delle Camere di commercio, enti funzionali a servizio delle imprese, era prezioso. La loro capacità di contatto con i territori e di dialogo con le imprese doveva e poteva essere valorizzata (sono circa 1.500 i consiglieri camerali nominati in rappresentanza di tutti i settori economici). Tanto più in una fase storica come quella di un decennio fa, quando il mondo economico stava conoscendo una straordinaria rivoluzione: quella delle tecnologie digitali. E l’Italia non poteva restare indietro. Servivano strutture nei territori, per informare e coinvolgere le imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni.
Non a caso le Camere di commercio sono state chiamate a far parte del Network attuativo di Industria 4.0, il vasto programma per la digitalizzazione delle imprese varato dal Governo. Per adempiere questo compito, le Camere hanno dato vista alla rete dei Pid, i Punti impresa digitale, distribuiti su tutto il territorio. Circa 800mila le imprese raggiunge dall’azione di queste strutture, soprattutto di micro, piccole e medie dimensioni, con azioni di informazione, formazione, affiancamento e, laddove necessario, di accompagnamento ai Competence Center.
E se oggi molte imprese sanno fare ecommerce, proteggono i propri sistemi tecnologici con strumenti di cybersecurity, hanno imparato ad usare la stampa 3D o stanno applicando sistemi di intelligenza artificiale, in buona parte si deve anche ai Pid.
Poi c’è stata la pandemia, le chiusure, il piano europeo Next Generation Eu ed il Pnrr. E anche in quest’ambito le Camere di commercio si sono viste riconoscere un ruolo specifico di riferimento per le imprese. Le Camere, infatti, stanno dando supporto al processo di transizione ecologica, sia alimentando l’informazione intorno alle Cer (Comunità energetiche rinnovabili), sia sviluppando strumenti digitali che consentono alle imprese di innovarsi, riducendo il consumo di energia, di materiali, applicando tecniche di riuso e di riciclo.
Premiando l’impegno storico a favore delle imprese femminili, il sistema camerale è stato investito dal Pnrr dell’azione di supporto alla nascita di imprese guidate da donne ed anche a favore della Certificazione della parità di genere.
Altra funzione “nuova” nel campo del mercato del lavoro rispetto al pre riforma è quella riguardante la certificazione delle competenze per gli studenti che svolgono percorsi di alternanza. Un passaggio molto importante nel quadro delle politiche per il lavoro che consente ai più giovani di ricevere un attestato di quanto appreso, riconosciuto dalle imprese e spendibile nel proprio curriculum.
Alle Camere di commercio è stato attribuito inoltre un nuovo e prezioso ruolo di prevenzione della crisi di impresa con la Composizione negoziata, il percorso volontario e stragiudiziale per il risanamento delle aziende in difficoltà ma con le potenzialità necessarie per restare sul mercato. Dopo un periodo di rodaggio, l’istituto sta riscuotendo il favore delle imprese con numeri che l’anno scorso sono quasi raddoppiati rispetto al 2023, passando da 600 istanze alle 1.089.
Provo a tirare le fila. La Legge Madia non è stata la prima riforma del sistema camerale, ma certamente poteva essere la più penalizzante. Così non è stato. In risposta (e reazione) ad essa si sono sviluppati una progressiva trasformazione e rinnovamento che si coglie non solo dalle nuove funzioni assegnate, ma anche dal crescente consenso dell’opinione pubblica. Lo dimostrano, tra l’altro, le numerose notizie che danno conto delle iniziative delle Camere di commercio veicolate dai mass media o seguite attraverso i social network e i numerosi interventi sui media che usano abbondantemente dati e analisi prodotte dal sistema camerale.