La riforma della giustizia è un cantiere aperto da troppo tempo. Solo per citare i cinque guardasigilli che si sono succeduti nell’ultimo decennio: Cancellieri (28 aprile 2013 – 22 febbraio 2014), Orlando (22 febbraio 2014-12 dicembre 2016), Bonafede (5 ottobre 2019 – 13 febbraio 2021), Cartabia (13 febbraio 2021 – 22 ottobre 2022) e Nordio dal 22 ottobre 2022 in carica, tutti hanno avuto il mandato, come da programma politico-elettorale, di mettere mano alle riforme.
Mentre alcuni interventi sono stati portati a compimento, anche se spesso non in senso migliorativo, come la revisione della prescrizione da parte del ministro Bonafede, che mi sento di non condividere, altri continuano ad essere allo studio e oggetto di un eterno dibattito, come la tutela alla riservatezza di nomi, oggetto di indagine penale, ovvero di atti giudiziari coperti da segreto istruttorio, il tutto in un labile rispetto di quanto nell’art. 21 della Costituzione e nell’art. 51 C.P.
Su quest’ultimo tema, atteso il perdurante sospetto di combine tra magistrati (PM in primis), che di certo non disdegnano un’apparizione/citazione mediatica, e giornalisti pruriginosi sempre a caccia di nomi da sbattere in prima pagina, si consuma qualcosa che neanche il rispetto dell’etica più elementare riesce a scalfire.
Senza dilungarmi in logorree banali e senza nulla togliere alla piena tutela del diritto di informazione, per trovare un punto di equilibrio, chiedo: perché non statuire ex lege che è vietato dare evidenza dei nomi di magistrati sui mass media? Se è vera la vulgata che sono giudici, o i PM a fornire le notizie (riservate) alla stampa, perché non prevedere come i nomi dei PM che svolgono le indagini, o dei giudici che emettono le sentenze, restino riservati?
Sarebbe sufficiente, ai fini di notizia, pubblicare, più genericamente ma dallo stesso valore informativo, che la Procura di …, o l’ufficio GIP di …, invece che il nome di questo Pubblico Ministero …, o di quel Giudice … E ciò annullerebbe un interesse all’eventuale (premeditata) fuga di nomi e notizie, prontamente raccolta dai media!
Non ho, di certo, la presunzione dell’originalità della proposta, ma è con coscienza e volontà, che intendo evocare e reiterare la richiesta di quanto auspicato da gran parte della società, al fine di venire incontro a un malessere diffuso e combattere un cancro, che troppo spesso ha colpito, infangando, finanche distruggendo, persone, famiglie e relazioni professionali e sociali, con la beffa che, dopo quattro o cinque anni, come tante volte accaduto, tutto viene a risolversi con un non luogo a procedere a un’assoluzione perché il fatto non sussiste.
Sul tema si potrebbe scrivere molto di più e anche più tecnicamente e con dovizia di particolari, spostando il focus sui nomi pubblicati degli indagati o dei condannati, richiamando la normativa sul rispetto della privacy e non solo, ma voglio deliberatamente essere elementare, sintetico e diretto, concludendo con un pensiero al ministro Carlo Nordio, perché con la sua sensibilità, che sembra dimostrare in questi primi cento giorni di governo, abbia a concretizzare un intervento riformatore in tal senso, così che non si possa ironizzare, come l’“Inno alla gogna” di Daniel Defoe sia il vademecum di chi della giustizia fa mestiere.