Il 2024 è l’anno della sostenibilità: potrebbe sembrare uno slogan semplicistico e già sentito tante volte in passato, ma ci sono almeno tre argomenti a sostegno di questa affermazione.
In primo luogo entro il 6 luglio 2024 l’Italia, come tutti gli altri Stati membri, deve recepire la Direttiva (UE) 2022/2464 sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive, in breve CSRD), che modifica gli obblighi a carico delle aziende in materia di divulgazione delle informazioni sugli aspetti ambientali, sociali e di governance (Environmental, Social, Governance, ESG). La nuova Direttiva amplia la platea dei soggetti obbligati a tutte le aziende con oltre 250 dipendenti e a tutte le quotate (con la sola esclusione delle micro-imprese, aventi un numero di dipendenti non superiore a 10) ed estende il novero delle informazioni da comunicare superando il concetto di “non finanziario”, presente nella legislazione vigente. Secondo la CSRD, inoltre, le aziende dovranno considerare anche la loro catena del valore nell’elaborazione delle informazioni ESG da rendicontare, il che accresce indirettamente il numero di soggetti coinvolti (fornitori, collaboratori ecc.) dalle nuove disposizioni.
In secondo luogo dal 1° gennaio 2024 si applicano i principi europei di rendicontazione della sostenibilità, stabiliti nel Regolamento (UE) 2023/2772. Si tratta di una delle grandi novità introdotte dalla CSRD, dettata dall’esigenza di avere uno standard unico a livello comunitario, in modo da uniformare i riferimenti su cui si basano le dichiarazioni delle aziende e dare oggettività al monitoraggio dei progressi nel tempo e al confronto tra realtà differenti.
A questo scopo la Commissione europea si è avvalsa del supporto tecnico di un organismo consultivo (European Financial Reporting Advisory Group, EFRAG), che ha prodotto un framework coordinato con gli standard internazionali più affermati (per esempio, solo per citarne un paio, Global Reporting Initiative, GRI e Sustainability Accounting Standards Board, SASB) allo scopo, da un lato, di contribuire al processo di convergenza dei principi di rendicontazione della sostenibilità a livello globale e, dall’altro, ridurre l’aggravio amministrativo per le imprese che già comunicano informazioni ESG.
Il 24 maggio 2024, infine, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la Direttiva sul dovere di diligenza ai fini della sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, CSDDD), facendo seguito all’approvazione del Parlamento europeo dello scorso marzo: l’iter è quindi concluso e si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La CSDDD introduce obblighi per le imprese con più di 1.000 dipendenti e 450 milioni di Euro di fatturato, che dovranno mettere in atto un sistema di gestione del rischio per prevenire, monitorare ed eventualmente riparare le violazioni dei diritti umani e i danni ambientali. Anche questa direttiva, come la CSRD, include nel campo di applicazione l’intera catena del valore dei soggetti obbligati: ciò significa che, pur riguardando le imprese più grandi, la CSDDD coinvolgerà anche quelle di piccola o media dimensione con cui si interfacciano, per esempio in qualità di partner commerciali, alle quali verrà chiesto di fornire periodicamente dati, informazioni e valutazioni.
Il sistema italiano delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ha sempre messo in campo risorse e progettualità per orientare le imprese tra le novità normative e guidarle nel cogliere gli aspetti di opportunità a partire dagli obblighi di legge: la sostenibilità non fa eccezione, anzi è diventato un tema trasversale che negli ultimi anni ha via via permeato la maggior parte delle attività svolte dall’intero network.
Nel 2022 Ecocerved, la società del sistema camerale che si occupa di realizzare e gestire sistemi informativi per l’ambiente, ha lanciato, in via sperimentale, il progetto “Percorso di autovalutazione sulla sostenibilità aziendale” con l’obiettivo di accompagnare le imprese, in particolare PMI, verso l’elaborazione del bilancio di sostenibilità. A questo scopo sono stati organizzati, per gruppi selezionati di aziende, diversi incontri di tipo formativo e laboratoriale in collaborazione con la Fondazione Centro Studi dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ed è stata messa a disposizione dei partecipanti una piattaforma digitale specializzata in autovalutazione del profilo ESG e reporting, sviluppata dalla startup italiana Ecomate.
Le imprese coinvolte nei Percorsi ESG sono oltre 100 e sono localizzate in varie regioni italiane, a coprire tutte le macro-aree del Paese: operano in tutti i comparti economici, con una prevalenza del settore manifatturiero e del terziario che complessivamente pesano per circa il 75% sul totale; dal punto di vista dimensionale, si osserva un’analoga concentrazione nelle classi sotto i 50 addetti. Le aziende partecipanti al progetto si collocano mediamente su un punteggio di 40/100, corrispondente a un rating ESG “BB – Rischio medio” che individua soggetti “al primo approccio verso la sostenibilità, con un livello iniziale di consapevolezza riguardo alle tematiche”: si tratta di un risultato aggregato superiore al benchmark nazionale, rappresentato dalla media delle circa 3.000 imprese attualmente presenti sulla piattaforma Ecomate, pari a 31/100, “B – Rischio medio-alto”. Si può osservare che il rating complessivo delle aziende partecipanti al progetto è trainato dalle componenti Sociale e Governance (che registrano entrambe 44/100), cui fa seguito la componente Ambientale (33/100). Scendendo a un maggiore livello di dettaglio, il modulo con il punteggio più elevato è “Rifiuti” (60/100), su cui peraltro si rileva uno scarto molto consistente rispetto al benchmark nazionale (35/100); i risultati peggiori riguardano invece il tema “Mobilità” (21/100), per i quali le imprese incontrano evidentemente le maggiori difficoltà, anche per via di fattori esterni al loro raggio d’azione, ma allo stesso tempo ci sono i più ampi spazi di miglioramento (benchmark nazionale: 38/100).
Come emerso nel corso delle numerose occasioni di confronto con le imprese partecipanti al progetto, la principale spinta ad avvicinarsi al tema della misurazione degli aspetti ESG è arrivata dalle richieste di aziende partner nell’ambito della propria catena di fornitura. Seppur stimolate dall’esterno, le imprese che hanno intrapreso questo tipo di percorso possono ottimizzare le loro performance focalizzando sulle criticità di volta in volta rilevate e sulle possibili azioni di miglioramento e puntando a una sempre maggiore integrazione dei concetti della sostenibilità all’interno delle loro realtà aziendali.