In queste settimane il calcio ha dato un’altra prova della sua debolezza strutturale e di un’ipocrisia che rischia di fare più danni del problema sollevato dalla cronaca.
Un importante sito con un protagonista di grande clamore mediatico, Fabrizio Corona, rilancia con quella che viene presentata come inchiesta giornalistica, un’inchiesta della Procura di Torino su presunte scommesse, che coinvolgono importanti giocatori di calcio con l’apice mediatico raggiunto con il blitz a Coverciano nel ritiro della nazionale.
L’oggetto del clamore sono le presunte scommesse di calciatori in siti legali e non contravvenendo al divieto deontologico e regolamentare.
E proprio qui sta la grande ipocrisia: le società di scommesse sul calcio sono direttamente e indirettamente tra i principali sponsor pubblicitari di società sportive calcistiche, impianti sportivi, trasmissioni televisive e radiofoniche.
Insomma, ai calciatori è fatto divieto di scommettere mentre il circo del calcio pubblicizza i siti di scommesse regolari.
Nell’epoca della globalizzazione e ora della deglobalizzazione forse è giunto il momento di mettere mano a norme e regolamenti nel mondo del calcio che risultano obsoleti e alla fine anche inefficaci nelle sanzioni (come dimostrano i patteggiamenti già accettati).
La seconda ipocrisia riguarda l’informazione e il rapporto con la giustizia.
Non è un problema solo di questa inchiesta, ma certamente più generale: può una persona, in questo caso un professionista del pallone essere sbattuto in prima pagina come uno scommettitore seriale senza che abbia avuto la possibilità di difendersi davanti ad un giudice e in alcuni casi magari non ha ricevuto neanche un avviso di garanzia?
Alla fine di questa vicenda cosa rimarrà nell’opinione pubblica? Temo l’idea che si possa scommettere su tutto e in ogni modo; un pessimo esempio per le nuove generazione.
E il mondo del calcio? Un’altra occasione persa per ripensare ad una riforma strategica che deve partire dalle forme pubblicitarie per arrivare ai regolamenti e alle sanzioni senza sottovalutare la rivoluzione che arriva con la decisione dell’Arabia Saudita di entrare nel calcio italiano con ingenti investimenti anche di sponsorizzazioni e non solo di acquisto di cartellini di giocatori e allenatori.