I risultati elettorali del 25 Settembre in Italia hanno confermato tendenze in corso da tanto tempo. Le ultime sciagurate scelte definite in relazione al Governo Draghi e alla sua “agenda” hanno soltanto aggravato la distanza della sinistra ufficiale (il Pd ed i suoi satelliti retoricamente collocati alla sua sinistra) dalle periferie sociali, ma la sua disconnessione sentimentale, prima che politica, da esse è di lunga data. Tuttavia, non siamo di fronte ad una ordinaria sconfitta ciclica delle forze di sistema. E non è un fatto soltanto italiano. Siamo di fronte, ovunque nelle democrazie consolidate, almeno dai tempi della Brexit e dell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, agli effetti elettorali, drammaticamente visibili anche nel segno di classe dell’astensione, all’“l’insostenibilità sociale, ambientale e spirituale” della regolazione neo-liberista del capitalismo (Papa Francesco, intervento all’assemblea “The Economy of Francesco”). La guerra scatenata da Vladimir Putin all’Ucraina è la confutazione ultima e definitiva, sigillata con il sangue, della fase fantasiosamente raccontata come “fine della Storia”. Si profetizzava, allora, l’avvento irreversibile del “mondo piatto”. Si preannunciava, sulle macerie ancora fumanti del Muro di Berlino, il dispiegamento di una sconfinata prateria liberal-democratica: il mercato globale dove, senza intralci politici, avrebbe regnato sovrano il consumatore e le istituzioni liberali avrebbero meccanicamente seguito le privatizzazioni a tappeto. Era la favola scritta dai vincitori della “Guerra fredda”. Come ha magistralmente argomentato Lucio Caracciolo nel suo ultimo saggio “La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa”, nel biennio 1989-1991 non finiva la Storia, finiva la “pace fredda”.
Qui sta il punto decisivo. Siamo ad un cambio di stagione. È l’analisi che argomento nel mio ultimo libro “Il mestiere della Sinistra nel ritorno della Politica”. Il segno della stagione arrivata è la de-globalizzazione e le domande di protezione sociale e di protezione identitaria. Le destre istintivamente “sovraniste” e tradizionaliste si affermano, pure in Italia con FdI, perché rispondono con le chiusure e il richiamo in forma regressiva a tali domande sempre più ansiose, mentre la sinistra ufficiale continua a seguire l’agenda degli anni ’90, declinata con europeismo fideistico e atlantismo subalterno, a garanzia di interessi forti o relativamente garantiti, sempre più ridotti in termini numerici.
Ma non è tutto buio. Esperienze interessanti emergono fuori dai confini della famiglia socialista europea e si affermano da noi, con il M5S guidato da Giuseppe Conte, più compiutamente che in altre nazioni europee (ad esempio in Francia con la France Insoumise di Jean Luc Melenchon, in Spagna con Podemos), con una risposta progressista, certo ancora acerba e segnata da contraddizioni, ma riconosciuta dalle fasce sociali più in difficoltà e dalle generazioni più giovani e più intransigenti nell’impegno per la conversione ambientale.
È la risposta scelta nel voto, naturalmente e per la prima volta, da centinaia di migliaia di donne e uomini di sinistra ed ecologisti in un investimento sulla direttrice progressista del Movimento e sulla sua rinnovata classe dirigente. È la risposta che puntiamo a rafforzare nel vivo del confronto e del conflitto sociale, culturale e politico con la destra al governo, in un impegno per la dignità del lavoro, per un ecologismo popolare attento alla sostenibilità sociale della transizione sempre più urgente, per la difesa dei diritti civili e delle conquiste del movimento delle donne e per la pace realista, innanzitutto in Ucraina, fondata su una governance multilaterale, espressione dell’irreversibile quadro internazionale multipolare. A tal fine, abbiamo avviato un coordinamento tra donne e uomini della politica, della rappresentanza sociale, della cittadinanza attiva e della cultura: “Coordinamento 2050. Civico, ecologista e di sinistra”. L’obiettivo è strutturare una rete nazionale e territoriale che, con autonomia politica ed organizzativa, ma senza velleità di fondare l’ennesimo partitino, si relazioni con il M5S e lavori alla costruzione delle condizioni per un rigenerato e credibile polo progressista, adeguato alle sfide per il governo di Comuni, Regioni e dell’Italia.
I primi terreni di impegno di Coordinamento 2050 sono l’offensiva diplomatica per la pace in Ucraina; le misure per proteggere famiglie e imprese dall’impennata delle bollette; la difesa del Reddito di Cittadinanza; l’introduzione del salario minimo e, soprattutto, il rilancio dell’unità nazionale minacciata dall’Autonomia differenziata.