Non molto tempo fa il gigante Apple è stato sconfitto in tribunale da una piccola società, americana anch’essa, la Mobile Media il motivo del contendere era la proprietà di un brevetto per la funzionalità del silenziamento di chiamate su alcuni modelli di cellulari. Il giudice federale del Delaware ha chiuso una vicenda iniziata nel lontano 2010, dando torto su tutta la linea all’azienda di Cupertino e ciò grazie alla specificità della normativa sui brevetti. Ma quanto è “forte” un brevetto e che significa esserne proprietario? È una domanda che ricorre molto in questi giorni anche per la querelle – e non nuova in verità – tra protezione brevettuale e libertà di produzione dei farmaci salva vita, ad iniziare dai vaccini. Allora, il brevetto è un diritto esclusivo concesso per l’invenzione di un prodotto o di un processo; ossia di un modo nuovo e originale di fare qualche cosa, o che offre una nuova soluzione tecnica ad un problema. Il brevetto garantisce al suo titolare protezione per l’invenzione, nel senso che questa non potrà essere commercialmente realizzata, usata e/o distribuita senza il consenso del titolare stesso. La protezione ha durata temporale usualmente 20 anni. Dopo questo periodo l’invenzione entra nel “dominio pubblico”, per cui il titolare perde il suo diritto esclusivo sulla stessa che, pertanto, diviene commercialmente sfruttabile da chiunque. Nei paesi dell’Unione Europea esistono attualmente due tipi di brevetto: Il Brevetto nazionale, rilasciato dal competente Ufficio brevetti del singolo Stato (in Italia l’UIBM, Ufficio Italiano Brevetti e Marchi), sulla base della legislazione nazionale, la cui efficacia è limitata al territorio del singolo Stato e, in caso di controversia (concernente, ad esempio, la validità del brevetto, ovvero la sussistenza di ipotesi di contraffazione da parte di soggetti terzi), è competente il giudice nazionale. Il Brevetto europeo, rilasciato dall’Ufficio Europeo dei Brevetti di Monaco di Baviera, efficace nell’ambito degli Stati Membri indicati dal titolare del brevetto (il quale paga le relative tasse in proporzione al numero degli Stati designati); per la protezione dello stesso si applica la disciplina nazionale dei singoli Stati, quindi, in caso di controversia, sono competenti i giudici di ciascuno degli Stati Membri dove il brevetto è efficace. Dato che esistono significative differenze tra le legislazioni nazionali, il sistema tende a creare distorsioni, da qui un lungo processo istituzionale e normativo, che ha portato all’introduzione di un singolo Brevetto Unitario valido in quasi tutti i paesi UE e a una Corte Unificata dei Brevetti. Il Brevetto Unitario (che peraltro si affiancherà senza sostituire le tutele brevettuali già esistenti) sarà però operativo solo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo Internazionale sul Tribunale Unificato dei Brevetti, già ratificato dai 16 Stati membri UE (tra cui l’Italia) anche se una sentenza dello scorso marzo della Corte Federale Tedesca ha annullato la ratifica (obbligatoria per la validità dell’Accordo) della Germania; quindi, i tempi di entrata in vigore del Brevetto Unitario non sono, allo stato, prevedibili. Negli USA, peraltro, la legge sui brevetti è stata riformata nel 2013 in un senso che la avvicina, in termini di criteri generali, alla normativa europea; ma a livello mondiale la sfida dei brevetti è quella comune a tutta la normativa a tutela della proprietà intellettuale: il sistema brevettuale è ancora efficace nel mondo della Rete? Speriamo non solo che lo sia, ma che continui ad esserlo, solo così anche una piccolissima azienda potrà continuare a suonarle ai giganti del Web.