La silver economy, una transizione epocale

Ad oggi, le persone con oltre 65 anni di età sono circa il 24% della popolazione italiana; l’Istat stima che entro i prossimi due decenni arriveranno ad oltre un terzo. Il così detto “indice di dipendenza” è già oggi pari al 33%. Significa che c’è una persona con 65 o più anni, ogni tre di età compresa tra 15 e 64 anni. In alcune regioni come Liguria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte è già intorno al 45%, ed è in costante aumento in tutta Italia. Ancora secondo i dati Istat, circa tre quarti degli over 65 soffre di almeno una malattia cronica, percentuale che sale all’86% tra le persone che hanno superato i 75 anni. Tuttavia, le persone che oggi hanno 65 anni mantengono un’aspettativa di vita senza disabilità per ulteriori 10,7 anni. Invecchiamento e cronicità sono inevitabilmente correlati; garantire una longevità in buona salute è, dunque, un obiettivo essenziale per il sistema sanitario e per tutta la società. Il progressivo, ineluttabile invecchiamento della popolazione, il conseguente peggioramento del tasso di dipendenza e della diffusione dei malati cronici rende l’attuale sistema tanto del welfare, quanto della sanità non sostenibile, a meno di non attivare una crescita strutturale della ricchezza prodotta e delle conseguenti entrate pubbliche.

Ma proprio sul fronte della crescita economica, l’invecchiamento della popolazione rappresenta allo stato attuale un altro vincolo molto forte. Lo spiega in modo molto chiaro la “Comunicazione” “Demographic change in Europe: a toolbox for action” indirizzata ad ottobre dello scorso anno alla Commissione Europea, al Parlamento e ad altre istituzioni della UE.

Il documento illustra con dati molto chiari che l’invecchiamento della popolazione e la conseguente tendenziale diminuzione delle persone in età lavorativa ridurrà già nei prossimi anni, a parità di altre condizioni, la capacità di crescita economica e la produttività. Si contrae la competitività del sistema produttivo e aumenta la pressione sul bilancio pubblico. Già oggi in Europa si osserva un’offerta di lavoro inadeguata rispetto alla domanda, per quanto riguarda mansioni sia “medium skilled” (ad esempio, addetti nei trasporti e logistica o infermieri), sia di elevata competenza (professionisti STEM, ICT, medici specialistici). Questo squilibrio, per un verso, riduce la possibilità per le imprese di cogliere opportunità di crescita; per l’altro, aumenta il costo del lavoro; tale aumento (per altro positivo sulla dinamica dei consumi), se non bilanciato da un incremento di produttività, implica una perdita di competitività delle nostre imprese rispetto a quelle dove c’è maggiore offerta di lavoro. Ulteriore conseguenza critica del trend demografico in atto è la riduzione (sempre a parità di altri fattori) della capacità di risparmio e comunque dell’allocazione delle risorse per investimenti di medio-lungo termine, insieme ad una riduzione del tasso di imprenditorialità.

Per contrastare queste tendenze è cruciale fare in modo che le persone relativamente anziane rimangano produttive molto più rispetto al passato. Una certa tendenza in questo senso è già in atto: tra il 2011 e il 2021, i dati della UE dicono che il tasso di occupazione di persone tra il 55 e i 64 anni è aumentato dal 45% ad oltre il 60% (pur con notevoli differenze tra i Paesi della UE). Questa tendenza dovrà accelerare e sarà necessaria un nuovo paradigma per la classe tra i 65 e i 75 anni; per queste persone, i valori più alti oggi sono solo intorno al 20% e si osservano nei Paesi scandinavi e baltici. La media UE è intorno al 10% e l’Italia ha un valore inferiore. Sono percentuali che nei prossimi dieci anni dovranno almeno raddoppiare.

Si tratta di un’altra transizione epocale, realizzabile solo attraverso un’azione profonda su tutti i fronti che influenzano le potenzialità di impiego oltre l’attuale età di pensionamento: l’organizzazione del lavoro e il rinnovo delle competenze; il superamento degli stereotipi relativi alle generazioni e l’innovazione dei meccanismi di compenso e di carriera; l’ampliamento del mercato del lavoro; l’uso delle tecnologie. Tutti ambiti dove occorrerà identificare soluzioni nuove, probabilmente anche “disruptive” rispetto a quelle che hanno funzionato fino ad oggi. Soluzioni che dovranno essere basate su una solida riflessione scientifica per saper ben bilanciare le necessità di tutti gli attori in campo; a partire dai diretti interessati, gli anziani, che, tanto per iniziare, sarà bene chiamare con un più accattivante “silvers”.

Matteo G. Caroli

Professore Luiss Business School - Presidente “Alleanza per la silver economy”

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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