Il mio amico Silvio

Ci sono eventi prevedibili, ma allo stesso tempo inaspettati. Ecco, la morte di Berlusconi è certamente uno di questi. È arrivato all’improvviso e mi ha colto impreparato. Mille ricordi, episodi, incontri, conversazioni private e pubbliche, ma anche risate, ironie.

Oggi non mi soffermerò sui tanti fatti, e ce ne sono tanti, che hanno segnato o caratterizzato la nostra pluridecennale collaborazione.

Le tante battaglie affrontate insieme sulla Giustizia, sul Fisco, sulla P.A. Ed ogni volta mancava un pezzo della nostra maggioranza. Una volta Fini, una volta Bossi, un’altra Casini, ma purtroppo è così, non si riusciva ad andare a conclusione.

Ed allora, ecco, accantonati quei fatti, mi sono tornati in mente episodi che riguardano Berlusconi come uomo, come amico, come fratello maggiore.

Il primo che è emerso è quello legato ad un ricordo molto toccante. Dopo una giornata di lavoro capitava che proponesse a me e a Beppe Pisanu di andare in via dei Coronari a Roma per una passeggiata tra gli antiquari. Sapeva dove entrare e con chi parlare. Sceglieva un oggetto, chiedeva il prezzo e lasciava un biglietto, facendo un cenno ad uno dei suoi collaboratori perché poi passasse a pagare e ritirare quello che aveva scelto. La cosa si è ripetuta più volte. In una di queste Beppe gli fece notare che avevo adocchiato una macchina da scrivere d’epoca. Mi chiese se mi piacesse collezionarle e quando gli dissi di sì non esitò ad acquistarla per donarmela. Era un modello Remington di circa novant’anni prima, veramente molto bella.

Era fatto così. E ci teneva a dimostrare l’affetto che nutriva nei miei confronti.

Francamente, fatti privati e fatti pubblici si sono rincorsi nella mia mente.

Un altro episodio che mi aveva reso protagonista fu quello di aver colto in fallo Prodi durante la discussione in Senato sulla finanziaria del 1997. Stava sostenendo l’esatto opposto di quanto avesse sostenuto l’anno prima a proposito dei lavoratori precari durante la discussione della Finanziaria del 1996. Lo incalzai leggendogli sugli atti parlamentari quello che aveva dichiarato e poi, a sorpresa, gli chiesi: “Sa chi l’ha detto Sig. Presidente del Consiglio? Non l’ha detto Berlusconi, non l’ha detto Bossi, non l’ha detto Fini né Casini, l’ha detto Lei Sig. Presidente e qui gli atti parlamentari lo comprovano”. A quel punto Prodi perse il suo stile istituzionale e platealmente mi mandò a fan…c… La cosa suscitò ovviamente molto scalpore. Il Tg 4 lo riportò con molto risalto. Emilio Fede fece vedere le immagini di Prodi durante il mio intervento mentre mi insultava. E con finta meraviglia commentava: “Non è possibile, il Presidente del Consiglio non può dire così al Capo Gruppo del maggiore partito di opposizione. No non è possibile, non può aver detto così”. Ma intanto mandava 5 o 6 volte le immagini commentando: “Eppure è proprio così il labiale è chiarissimo”. Il giorno dopo Il Foglio riportò la caricatura di Prodi che pronunciava la frase lettera per lettera.

E così la sera a cena a casa Berlusconi si discuteva dell’intervento che avrebbe dovuto fare l’indomani sulla Finanziaria a nome dell’intera coalizione di centro-destra. Ad un certo punto si alzò e, come faceva spesso, si mise a girare attorno al tavolo dietro le nostre spalle. Uno, due giri e all’improvviso si fermò accanto a me e con fare minaccioso, come se ce l’avesse con me, disse qualcosa. Scoppiammo tutti in una grande risata, poi all’unanimità si decise che sarebbe stato meglio che ad intervenire fosse Antonio Martino.

Spesso, la domenica, aveva l’abitudine di chiamarmi senza alcun motivo, ma solo per chiedermi dove fossi e con chi. E quando rispondevo che ero a casa con la mia famiglia mi diceva: “Bravo, sono i momenti migliori della nostra vita, non perdere mai questa abitudine”. Ed ancora, subito dopo le elezioni del 1996, una notte intorno all’una e mezza squilla il telefono: “Sono Silvio, sei sveglio?”. Ed io: “In effetti stavo ancora leggendo alcuni documenti nello studio del mio appartamento a Roma”. Continuò: “Abbiamo appena finito una riunione con Prodi per decidere i Presidenti di Senato e Camera da eleggere domani e abbiamo deciso per te al Senato e Violante alla Camera. Hanno convenuto su di te forse perché ti considerano ancora democristiano”. Seguì una sonora risata, “E comunque preparati, so che a Palazzo Giustiniani c’è un ottimo chef, così domani sera vengo a cena lì da te”. Ci salutammo cordialmente ed io rimasi qualche minuto a bocca aperta non avendo ancora metabolizzato una notizia di tale portata. Poi raccontai la telefonata a Marilena, mia moglie, e realizzai l’enormità di quanto avevo appreso.

Purtroppo il progetto non si realizzò per l’ottusa opposizione di qualche cosiddetto grande stratega, che preferì perdere la Presidenza del Senato piuttosto che consentire l’elezione alla Camera di Violante alla seconda votazione. Violante fu comunque eletto e al Senato al mio posto venne eletto Mancino.

Certo presto tornerò a parlare di Berlusconi e della nostra esperienza politica, dei tanti pregi e dei difetti che l’hanno caratterizzata, ma oggi no, prevale la parte dei sentimenti.

Enrico La Loggia

già Ministro per gli Affari Regionali

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
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