I progressisti e la lunga attraversata

Il governo Meloni e la maggioranza di destra che lo sostiene, dopo alcuni mesi sembrano ben saldi alla guida del Paese aiutati da un consenso elettorale che non cala e soprattutto dalla mancanza di un’alternativa politica e numerica nel Paese e in parlamento.

Dopo decenni, infatti, i numeri parlamentari sono talmente netti a favore della destra che è difficile immaginare in questa legislatura governi con composizione parlamentare diversa da quella attuale.

C è poi la sostanza dell’azione di governo: conservatore e identitario nei valori propri della destra europea e anglosassone con qualche tentazione di rilettura della nostra storia dal fascismo ad oggi, sostanzialmente in continuità con le politiche economiche degli ultimi anni dei governi tecnici o larghe intese.

La stessa discussione di questi ultimi giorni sul PNRR appare più di metodo che di sostanza o al massimo tesa a spostare investimenti dal centrosud al nord a trazione leghista.

In questo contesto il compito dell’opposizione, nelle sue diverse articolazioni dal PD al M5s, non appare facile proprio per i tempi lunghi necessari alla costruzione di un’alternativa competitiva per il governo del Paese.

L’unico sussulto è stato determinato dalle primarie del PD, che hanno avuto una buona partecipazione popolare e soprattutto un risultato inatteso.

La vittoria di Schlein ha riequilibrato la narrazione nella contesa tra PD e M5s e soprattutto gettato le basi per la costruzione di una nuova identità, post Lingotto di Veltroni, del partito principale del centro-sinista.

Elly Schlein è in prospettiva la possibile alternativa a Giorgia Meloni: donna preparata, cresciuta in un mix di territorio e di esperienze internazionali, prima tra tutte quella nella campagna elettorale del Partito Democratico di Obama, fuori dalle logiche di corrente del suo partito, radicale nei valori e pragmatica nelle proposte. Ma tutto questo rischia di non bastare nella lunga attraversata.

Per questo c’è bisogno di una nuova idea del Paese, di una sorta di fondazione di un’alleanza progressista popolare dove il dialogo con il M5s e le forze rossoverdi non può essere solo teso ad una somma numerica.

Alleanza politica, ma anche e soprattutto popolare capace di tornare a rappresentare ceti sociali che oggi in gran parte non vanno più a votare e che bisogna recuperare ad una partecipazione politica.

Reddito per tutti, riduzione dell’orario di lavoro, piano straordinario per l’emergenza abitativa sono le linee di lavoro e mobilitazione di questa alleanza insieme alla grande questione climatica ed ai suoi effetti sociali e ambientali.

La sfida è questa e i prossimi mesi ci diranno se la nuova segretaria del PD riuscirà a interpretarla al meglio in una sorta di leadership plurale con Giuseppe Conte.

Proprio con Conte rimane aperto un tema: la guerra in Ucraina il riarmo e il possibile estendersi del conflitto anche con la Cina.

Questa della guerra rimane anche la grande variante sia sui tempi della durata del governo Meloni sia della lunga attraversata nel deserto delle opposizioni.

La guerra è infatti un orizzonte possibile nel tempo e questa continuerà a condizionare l’economia mondiale e le politiche sia delle grandi multinazionali energetiche che delle banche centrali con riflessi imprevedibili nei singoli paesi.

I conflitti sociali che si sono aperti in Francia, Germania e addirittura in una società da troppi anni monolitica come quella Isrealiana vanno ben oltre il pretesto di singoli provvedimenti sulle pensioni o sula giustizia, ma indicano una rivolta di un ceto medio impoverito che ormai ha poco da perdere.

Contro la guerra oggi si può riaggregare non il tradizionale movimento pacifista ridotto a poco più di un’aspirazione etica ed ideologica, ma un movimento popolare che a partire dalle proprie condizioni materiali di crisi può ribaltare tempi e modi sia delle forze di governo che dell’opposizioni.

Insomma se in apparenza, come nel deserto, tutto appare immobile e fermo, la realtà e le sue contraddizioni irrisolte possono esplodere improvvise e cambiare ogni previsione.

In questa consapevolezza da ritrovare c’è anche la scommessa di Elly Schlein e di un’alleanza progressista non più bloccata sulla difesa di uno status quo entrato in crisi, ma al contrario capace di lanciare la sfida ideale e materiale di un nuovo mondo da costruire in alternativa alle destre sovraniste.

E l’esito di questa sfida appare tutto da scrivere.

Paolo Cento

fondatore Coordinamento 2050 - polo progressista

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

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