Conoscere meglio la composizione negoziata della crisi d’impresa

La composizione negoziata è precipuamente funzionale all’obiettivo del risanamento diretto in via principale e a quello del risanamento indiretto in via subordinata ed è ispirata al principio della salvaguardia e del recupero della continuità aziendale. L’esito favorevole delle trattative si rileva quando viene individuata una soluzione idonea al superamento delle difficoltà dell’impresa o alla riallocazione efficiente della stessa grazie alla figura dell’esperto.

Nonostante la portata rivoluzionaria dell’istituto, la novità stessa della fenomenologia ha determinato una partenza al rallentatore rispetto alle attese. Le domande di composizione ad oggi, dopo più di cinque mesi di operatività, sono meno di 200 a fronte di un’attesa di almeno il triplo.

Si tratta di implementare una nuova cultura anche perché la peculiarità della figura dell’esperto (che non ha omologhi nel nostro ordinamento) impone di costruire, anche sul piano formativo, una specifica professionalità.  

In questa logica, l’Università Mercatorum è stata la prima, anche per il legame al sistema camerale, a erogare il corso di formazione per gli esperti organizzato a tempo di record prima ancora dell’entrata in vigore della norma e utilizzando il vantaggio competitivo del metodo telematico on demand. Ad oggi infatti a fronte delle poche istanze, gli esperti che hanno completato il loro percorso formativo e si sono iscritti nello speciale albo sono già quasi 2.000.

Dall’esperienza formativa è nata la A.I.E.C.C. (Associazione italiana degli esperti nella composizione della crisi) con l’intento di sviluppare la professionalità, la terzietà e soprattutto l’etica del ruolo, ma al contempo di divulgare tra le imprese la nuova grande opportunità offerta dall’ordinamento. Un organismo che parte dalla formazione per sensibilizzare professionisti e imprenditori sulla nuova frontiera di una gestione negoziata (e anticipata) della crisi e di individuare best practices per gli esperti.

 È decisivo infatti che l’esperto acquisisca consapevolezza nell’esercizio delle funzioni e della centralità sistemica del ruolo, in quanto deve agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori e gli altri soggetti interessati, al fine dell’individuazione di una soluzione funzionale e non solo strumentale al superamento dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario.

Egli rimane in una posizione di terzietà rispetto alle parti, ivi incluso l’imprenditore, laddove di fatto l’esperto non lo assiste, né si sostituisce alle parti nell’esercizio dell’autonomia privata, avendo unicamente il compito di facilitare le trattative e stimolare gli accordi, operando in modo professionale, imparziale e indipendente, vincolato peraltro dal dovere di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante le trattative. L’esperto non è tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria né ad altra autorità, salvo in caso di sua audizione necessaria nell’ambito del procedimento relativo alle misure protettive e cautelari qualora richiesta dall’imprenditore. Una moral suasion sistemica che nasce e che funziona solo e soltanto sulla base dell’autorevolezza e della competenza della figura terza.

L’esperto configura, dunque, una fenomenologia “ibrida” in quanto è mediatore tra gli interessi di tutti i soggetti coinvolti, è valutatore delle scelte del debitore e, al contempo, controllore (si pensi all’obbligo di segnalazione del compimento di atti di straordinaria amministrazione).

La deformalizzazione della procedura e delle funzioni demandate all’esperto sono dirette proprio a ridurre gli agency costs e a favorire il superamento della crisi senza “salire le scale del Tribunale” e, dunque, senza dover affrontare le connesse conseguenze sia da un punto di vista economico che sociale.

In tale contesto, dunque, l’esperto non sarà solo un tecnico del diritto e delle scienze aziendalistiche, ma dovrà essere anche un riferimento in grado di rappresentare, a tutte le parti coinvolte, i benefici della soluzione condivisa della crisi, anche mediante la prosecuzione dell’attività aziendale.

Da questo punto di vista è chiara la scelta del legislatore di concepirlo come uno strumento di salvaguardia della continuità dell’attività economica, prevedendo tra l’altro la possibilità per l’imprenditore di procedere alla vendita dell’azienda liberata dal peso dei debiti pregressi, in funzione di un “fresh start”. Come noto, l’effetto purgativo era tipico solo della circolazione endoconcorsuale. L’anticipazione della tutela attraverso la cessione autorizzata dal Tribunale da parte dell’impresa in bonis consente di aumentare le possibilità di salvataggio, in termini di funzionamento e di valore Analogamente in presenza di contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia (ed aggiungerei dell’economia di guerra) e la rideterminazione del contenuto, termini o modalità delle prestazioni contrattuali è opportuna per assicurare la continuità aziendale ed agevolare il risanamento dell’impresa, l’esperto convoca uno o più incontri nei quali le parti possano sviluppare opzioni diverse e discutere delle possibili ipotesi di soluzione, cercando, per quanto possibile, di evitare il ricorso al tribunale, avendo altresì cura di richiedere alle parti se, nel caso di insuccesso della rinegoziazione, acconsentano a che l’esito delle trattative e le motivazione del mancato accoglimento delle proposte vengano riferiti al tribunale. Quando, in caso di insuccesso, l’imprenditore chiede al tribunale di rideterminare equamente le condizioni del contratto, l’esperto rende un parere sul fatto che la misura richiesta nel ricorso dell’imprenditore consenta effettivamente di assicurare la continuità aziendale: sul tempo minimo necessario perché questo avvenga.

Tutto ciò è molto utile anche se gli atti autorizzati dal tribunale conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Insomma la funzionalizzazione ad una procedura concorsuale quando si è ancora in bonis consente quella tempestività decisiva in materia.

Tali soluzioni, evidentemente, riversano sui creditori dell’imprenditore il peso della crisi e potrebbero prestarsi a contegni opportunistici. Ecco che il legislatore lascia al Tribunale l’onere di mettere il “sigillo” sulla vendita o sulla rideterminazione equitativa del rapporto negoziale, con una propria autorizzazione verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori.

Insomma, se nasce, soprattutto grazie alla formazione e ad organismi associativi, una virtuosa cultura di questo approccio, innanzitutto nelle imprese e nei suoi consulenti, la composizione negoziata con al centro la figura dell’esperto potrebbe essere finalmente la soluzione cercata da anni per far emergere tempestivamente lo stato di crisi senza quel ritardo da sempre esiziale e di trovare velocemente soluzioni funzionali alla riallocazione efficiente dell’impresa in crisi.

Francesco Fimmanò

Ordinario di diritto commerciale - Direttore scientifico Università delle Camere di Commercio Mercatorum

Registrato al Tribunale di Roma il 19/09/2018, n. 155
Direttore: Roberto Serrentino

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