
Su questa Rivista (Marzo 2022) s’era scritto della legge in fieri sulla presunzione d’innocenza, sollecitata dall’impulso europeo.
Vi era l’auspicio che quel principio non fosse solo proclamato a parole ma dotato di reali contenuti capaci di scongiurare al cittadino, qualsiasi cittadino, gli effetti negativi giustificabili solo a fronte dell’accertamento della sua responsabilità, fatte salve le misure cautelari penali che necessariamente anticipano, per la loro stessa funzione, limitazioni alla sfera dei diritti dell’interessato.
A quell’auspicio il Legislatore ha poi dato seguito con l’introduzione di una norma non prevista dal disegno di legge originario ed introdotta in corso d’opera; si tratta dell’art. 335 bis del codice di procedura penale secondo cui “La mera iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito.”.
Quale ne sia il senso risulterebbe chiaro ad ogni lettore scevro, per l’appunto, da presunzioni: l’avvio di un’indagine penale nulla può dire sulla responsabilità di una persona, che resta innocente fino a prova contraria.
I primi sentori del muro ideologico contro il quale la presunzione d’innocenza si sarebbe scontrata si erano avuti con la vicenda del Consigliere Superiore Rosanna Natoli che, attinta da indagini penali e senza essere sottoposta ad alcuna misura cautelare, è stata estromessa dal Consiglio Superiore della Magistratura essendo prevalsa, in seno a quell’Organo, l’idea che l’art. 335 bis del codice di procedura penale non ostasse all’autonoma valutazione dei fatti oggetto di accertamento in sede penale e quindi all’adozione di provvedimenti pregiudizievoli per la persona alla quale il reato è attribuito.
Che proprio dal CSM, vale a dire l’organo che si occupa dei magistrati, sia sgorgata in modo eclatante l’insofferenza verso la presunzione d’innocenza non depone bene, perché i magistrati poi si occuperanno dei cittadini e se i giudici, siano essi penali, civili o amministrativi, adotteranno lo stesso criterio si può affermare che l’art. 335 bis cpp è lettera morta, vale dire mera apparenza.
Di questi giorni la vicenda che riguarda l’ex procuratore di Roma Michele Prestipino nei cui confronti è stato aperto un procedimento penale sull’ipotesi che abbia rivelato segreti d’ufficio all’ex capo della polizia di Stato in relazione a potenziali interessi criminali sulle opere collegate al ponte sullo Stretto di Messina.
In disparte che, messa così, parrebbe una non notizia ovvero un fatto notorio, nessuno potendo plausibilmente escludere che quando si muovono masse di denaro di quella portata le associazioni criminali tentano di entrare in gioco, v’è da supporre che sia passata qualche notizia più dettagliata della mera ipotesi astratta.
Sta di fatto che l’indagine nasce dalla solita captazione telematica di conversazioni finita sul tavolo di una Procura che, a quanto pare, era consapevole di non essere competente ad istruire il caso.
Caso mediatico, alle solite.
Perché la notizia delle indagini è finita sui giornali ed ha fatto scattare un’ulteriore manifestazione di quel muro ideologico contrario alla presunzione d’innocenza, così come declinata nell’art. 335 bis cpp.
Avrà, oppur no, il dott. Prestipino subito “effetti pregiudizievoli di natura amministrativa” come conseguenza della sua iscrizione nel registro degli indagati presso una Procura della Repubblica incompetente?
“Fermo il rispetto della presunzione di innocenza, nell’esercizio dei miei doveri di garanzia dell’immagine stessa e del buon andamento delle attività della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, ho provveduto a revocare con effetto immediato le deleghe di coordinamento investigativo attribuite al dottor Prestipino e ad adottare le ulteriori misure necessarie a tutelare le esigenze di riservatezza ed efficacia delle funzioni della Dna, dando di ciò comunicazione al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura e al procuratore generale presso la Corte di Cassazione”.
È la dichiarazione ufficiale del “capo ufficio” del dott. Prestipino, vale a dire il Procuratore Nazionale Antimafia Giovanni Melillo le cui parole cancellano, in un sol tratto, l’art. 335 bis cpp.
Perché ogni prefetto, ogni direttore generale di un ministero, ogni preside, ogni generale si sentirà autorizzato ad emulare il CSM ed il Procuratore Nazionale Antimafia e quindi penserà di poter infliggere ad ogni persona alla quale è attribuito un reato conseguenze pregiudizievoli prima ed al di fuori del suo accertamento.
Il grottesco è che ciò avverrà “fermo il rispetto della presunzione d’innocenza …”.