Sanità: 35mila azioni legali contro medici, 97% prosciolti. Serve depenalizzare

Nel 2023 il dibattito intorno alla depenalizzazione della colpa medica è tornato ad accendersi grazie all’interesse da parte del Ministro della Salute Orazio Schillaci. La discussione riprende ciclicamente quando l’opinione pubblica si trova a discutere su casi di malpractice (effettiva o presunta) che fanno rumore, come quella del giornalista Andrea Purgatori su cui si stanno effettuando le verifiche del caso.
Quello dell’“accanimento” nei confronti dei medici sta diventando un problema primario nella sanità di oggi, anche perché i dati – ad esempio quelli di Anaao-Assomed – mostrano che ci sono circa 35mila azioni legali contro medici e strutture di sanità pubbliche, con circa 300mila cause pendenti nei tribunali.
A fronte di questa sorta di aggressività verso la classe medica, vi è un’enorme sproporzione con la veridicità delle molteplici accuse, tant’è che i medici vengono prosciolti nel 97% dei procedimenti penali e nel 70% di quelli civili e sono numerosi i casi che vengono archiviati prima ancora di iniziare un dibattimento. Nonostante questo, l’iter processuale pesa come un macigno sul professionista sanitario: sia per il tempo che sottrae alla propria attività e che trascorre a gestire il procedimento, visto che l’assoluzione avviene dopo un lungo percorso legale, sia per lo stress psicofisico che questa situazione infliggerebbe a chiunque, sia ancora per la sua reputazione professionale, anche se assolto. E ci sono alcune specializzazioni che sono più colpite di altre da procedimenti penali e civili, con cause infondate e cosiddette temerarie: ad esempio, urgenza, ginecologia, chirurgia generale e cardiologia.
Inoltre, la mancanza di serenità da parte del medico innesca anche una serie crescente d’interventi di medicina difensiva, che portano a un eccesso di esami diagnostici, con una conseguente e abnorme dilatazione delle liste di attesa e di enormi costi per il SSN, nonché di rischi inutili per il paziente nel caso di radiazioni o esami invasivi.
Il Governo a questo proposito ha avuto la sensibilità di istituire una Commissione ministeriale per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica (nota anche come Commissione Nordio), presieduta dal magistrato Adelchi D’Ippolito. Di ciò vanno ringraziato il Ministro della Salute, Orazio Schillaci e il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
L’ipotesi su cui si lavora è quella di una depenalizzazione, a esclusione della colpa grave che la legge Gelli-Bianco del 2017 configura nel caso di negligenza (il medico agisce con superficialità), imprudenza (agisce con avventatezza) e imperizia (non vengono rispettate le linee guida sul caso). Non si può dimenticare, infatti, la necessità di tutelare il paziente a 360 gradi.
Dal mondo medico viene inoltre richiesta una revisione delle regole, che riguardano la responsabilità civile. Lo stesso ministro Nordio in un’occasione ha affermato che “si potrebbe ridurre la possibilità di aggredire gli operatori sanitari con denunce e cause civili: il paziente è il primo interessato ad avere un medico che operi in serenità”.
A differenza del reato penale, infatti, a livello civile i risarcimenti non hanno bisogno di una certezza oltre ogni ragionevole dubbio dell’errore per essere accordati. Non ci sono inoltre linee guida o indicazioni sugli indennizzi e questo spesso causa alle aziende sanitarie e ai professionisti laute somme da elargire non sempre per comprovata colpevolezza.
In attesa di veder evolvere l’attuale quadro verso quanto auspicato dagli operatori sanitari, l’Ordine dei medici di Roma è comunque vicino ai propri iscritti, partecipando attivamente al confronto, sia con loro sia con le istituzioni competenti, com’è appunto avvenuto nel dibattito da noi organizzato nei giorni scorsi, dando così la possibilità di avere e di dare pareri e suggerimenti.