Antonio Misiani
Le elezioni del 25 settembre sono uno spartiacque. La scelta è tra due visioni molto diverse del futuro del Paese.
L’alleanza guidata dal PD punta con decisione sull’Italia del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Un Paese saldamente ancorato all’Europa e all’Alleanza atlantica, che a Bruxelles si è conquistato le risorse per realizzare gli investimenti e le riforme indispensabili per uscire da vent’anni di stagnazione e imboccare la strada di uno sviluppo più inclusivo e sostenibile. In una fase di ripresa dell’inflazione, di aumento dei tassi di interesse e di rallentamento dell’economia la politica economica deve focalizzarsi su pochi, fondamentali obiettivi.
La posta in gioco è molto alta. La campagna elettorale sarà molto breve, con il rischio di un elevato astensionismo. Gli indecisi, come sempre, saranno moltissimi fino all’ultimo: una quota molto importante di elettori decide cosa scegliere a pochi giorni dalle elezioni o addirittura nel momento del voto. In una campagna molto gridata sui media e sui social, recuperare una dimensione di ascolto e di prossimità è il servizio migliore che la politica può fare al Paese. Ci aspetta un autunno estremamente difficile, evitare voli pindarici e rimanere con i piedi per terra è un dovere di trasparenza nei confronti degli elettori.
Vincenzo Sanasi D’Arpe
Giunti al termine i lavori di adeguamento degli istituti del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (“CCII”) alla Direttiva Insolvency, il 17 giugno scorso sono entrate in vigore le nuove regole della crisi d’impresa con l’obiettivo di affrontare le sfide economiche del new normal ai tempi del Covid-19 e degli effetti del conflitto ucraino.
Ciò che emerge da un esame organico della modifica del CCII è la necessità di un sistema interno in grado di trasmettere informazioni significative sullo stato di salute dell’impresa, dal livello di base a quello apicale della piramide aziendale.
Non parliamo solo di un incremento delle responsabilità in capo agli amministratori e al collegio sindacale, ma di una stretta collaborazione tra i controlli “di primo livello” e quelli apicali, ai quali giungeranno informazioni basate principalmente su dati sintetici di tipo economico-finanziario.
Se la classe imprenditoriale doterà la propria azienda di assetti organizzativi aggiornati e utili alla rilevazione tempestiva di situazioni di crisi, il sistema economico intero ne beneficerà, evitando o, comunque, arginando le pesanti ricadute sul tessuto sociale registrate negli ultimi anni.
Andrea Reale
Qualcuno ha assimilato l’attività riformatrice della legge elettorale del CSM al gioco delle tre carte, nel quale il “dominus” è stato un Legislatore pigro nell’iniziativa, ma pronto a muovere velocemente le mani con una spregiudicatezza da campione, tanto da far davvero apparire una magia risolutiva ciò che è una semplice mistificazione della realtà.
Una riforma della legge elettorale ipocrita e canzonatoria delle finalità perseguite, del tutto inefficace e volta soltanto a mantenere, anzi a rafforzare, lo status quo, specialmente per i grandi gruppi che governano l’ANM e il CSM.
La sola novità che potrebbe davvero assortire il panorama della componente togata della magistratura saranno, dunque, i seggi dei giudicanti scelti con il sistema proporzionale.
Il collegamento, che i candidati sorteggiati dal Comitato Altra Proposta (un comitato di scopo creato da magistrati per magistrati elettori, al di fuori di ogni logica correntizia) hanno instaurato tra di loro e con altri sorteggiati (prescelti aleatoriamente ex lege), è ciò che potrebbe rivelarsi l’unica sorpresa di queste scontate e finte elezioni del rinnovamento del governo autonomo della magistratura, divenendo così una sorta di boomerang.
Peccato che a restare vittima del bluff siano un organo di rilievo costituzionale – il cui funzionamento rimane ancora una volta demandato dal Parlamento ai partiti/correnti che hanno politicizzato e distrutto l’indipendenza interna dei magistrati – e, in ultima istanza, i cittadini italiani nel cui nome dovrebbe essere esercitata e amministrata la giurisdizione.
La farsa continua: <Carta vince, Carta perde>. Al popolo, stavolta, non è toccata la Carta(bia) vincente!
Stefania Falasca
Dichiarare la santità di una persona non è come assegnare un titolo cavalleresco o onorifico. Anche se uno è in paradiso, può darsi che non sia degno, come sembra, di un culto pubblico. Stabilire l’eroicità delle virtù, attraverso tutto il lavoro di raccolta delle prove testimoniali e documentarie, di approfondimento storico-critico, di valutazione teologica fino al raggiungimento della certezza morale e alla formulazione del giudizio di merito, per quanto fondato, serio e accurato, può rimanere soggetto a possibile errore. Si può sbagliare, si può essere ingannati, i miracoli invece solo Dio può compierli, e Dio non inganna. Sono un dono gratuito di Dio, un segno certissimo della rivelazione, destinato a glorificare Dio, a suscitare e rafforzare la nostra fede, e sono anche, quindi, una conferma della santità della persona invocata. Il loro riconoscimento consente pertanto di dare con sicurezza la concessione del culto. In una causa di canonizzazione rappresentano una sanzione divina a un giudizio umano. Per questo motivo, senza l’approvazione di miracoli accaduti per intercessione di un servo di Dio o di un beato non si può dunque portare a conclusione una causa.
Quando un miracolo accade, il beneficio non è solo per i diretti interessati ma per tutti i fedeli. A giusto titolo, il Concilio Vaticano II, parlando della intercessione dei santi, ha voluto inquadrarla nella vitale unione di carità che come fedeli si deve avere con essi. Quel vitale consortium per cui si può aver parte ai benefici procurati dai loro meriti e, amandoli di quella carità che tende a Dio, si forma con loro un solo corpo, una sola famiglia, una sola Chiesa.
Giampiero Guadagni
Nel suo Messaggio alle Camere, Cossiga ripercorre le profonde trasformazioni sociali ed economiche dal dopoguerra, trasformazioni che richiedevano una complessiva revisione dell’assetto istituzionale. Propone un elenco delle principali questioni da affrontare: forma di governo e sistema elettorale, ruolo delle autonomie, ordine giudiziario, nuovi diritti di cittadinanza. Parla di referendum anche propositivi, di elezione diretta del Capo dello Stato, di sistema uninominale. C’è un passaggio ancora molto attuale sull’uso paradossale del decreto legge, diventato “lo strumento ordinario della normazione nel nostro paese”.
La sostanza del messaggio di Cossiga era la necessità di un governo che governi. L’idea culturale di fondo era il superamento della democrazia bloccata che caratterizzava il sistema istituzionale e che assegnava di fatto alla Dc il compito di governare e al Pci il monopolio dell’opposizione.
Quella che si apre dal 26 settembre è naturalmente una pagina per tanti versi nuova. Ma un errore del passato, lontano e recente, va evitato: far credere che le riforme sono qualcosa di distante dagli interessi concreti degli italiani. La politica sa o dovrebbe sapere che solo la vera e organica manutenzione delle istituzioni evita spese inutili ed ha quindi un concreto valore economico. Anche se spesso è un processo lento e sottotraccia, non sposta i sondaggi e non porta voti.